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Il Teatro Massimo di Palermo, in occasione della sua riapertura, attiva il passaggio da Ente a Fondazione; ce ne parla il sovrintendente Attilio Orlando.
UNA STELLA CHE BRILLI OLTRE Il MEDITERRANEO
Questo mese di
aprile si presenta come una tappa molto importante per l'Ente Teatro Massimo di Palermo
che si prepara ad affrontare il nuovo Millennio con tutte le sue carte, è il caso di
dirlo, in regola. Infatti, se da una parte il Teatro Massimo, inteso come edificio, sta
per riscrivere importanti pagine nella storia musicale con la sua riapertura ufficiale
all'opera (ricordiamo che l'inaugurazione avvenne in occasione del suo centenario, nel
maggio 1997, con una serie di concerti tra i quali quello inaugurale con Claudio Abbado),
dal punto di vista dell'Ente Lirico H nuovo cammino vede la trasformazione
dell'Istituzione in Fondazione.
Argomento di urgente necessità, visto il Decreto Legge che il
ministro Veltroni ha accelerato, ponendo come scadenza il 31 marzo scorso con una proroga
di 60 giorni, data in cui tutti i dodici Enti lirici (il Teatro alla Scala dall'anno
scorso è già Fondazione) si troveranno allo scioglimento del proprio Consiglio
d'amministrazione per passare, attraverso il proprio Sindaco, alla costituzione di un
nuovo Consiglio d'amministrazione (formato su un principio molto più snello e partecipe
alla vita del Teatro) e porre le basi per la formazione delle Fondazioni. Questo Decreto,
accelera la Legge 367, che non viene superata da questo passaggio, e che comunque ha
sempre come termine ultimo il 30 giugno 1999, data entro la quale gli Enti dovranno
inglobare i soggetti privati, pena il non aumento del previsto contributo dello Stato.
L'Ente Teatro Massimo ha anticipato i tempi e, secondo teatro
italiano, prima della scadenza del Decreto Veltroni si presenta all'importante
appuntamento del 22 aprile (data della "prima" dello spettacolo inaugurale al
Massimo, l'Aida verdiana) con la Fondazione....
"Noi saremo Fondazione ope legis al Decreto legge - ci dice il sovrintendente Attilio
Orlando - stiamo lavorando su questo argomento da parecchio tempo, in quanto abbiamo
sempre ritenuto che per essere una vera Fondazione, quindi con la partecipazione vera di
privati, la prima cosa che bisogna dimostrare a questi privati è che l'Ente come impresa
si è incamminata su una strada di recupero di efficienza e di produttività e che su
quella strada può ancora andare avanti; l'importante è di aver messo in moto i
meccanismi e, in fondo questo è stato il mio ruolo principale all'interno
dell'Istituzione. Penso che il nostro lavoro di questi ultimi tre anni è stato improntato
all'impostazione della cultura d'impresa in un Ente che fino ad allora, per sua natura,
non l'aveva; e con questo non mi riferisco solo al nostro Teatro ma ho avuto modo di
verificare che si tratta di un discorso abbastanza generalizzato. Data la mia formazione
nel settore privato conosco i parametri di ragionamento di questo ambito, dove si dà
anche fiducia alle capacità organizzative della corretta gestione di un'azienda".
E il Teatro, se vogliamo può considerarsi a tutti gli effetti
un'azienda, che non produce profitti, ma che divulgando cultura e maestranze
"Certo, sono d'accordo con lei. A proposito della credibilità di un'azienda, le
faccio un esempio: dopo la privatizzazione di una importante Banca italiana, le sue azioni
in Borsa si sono raddoppiate nono-stante un risultato negativo del bilancio della Banca,
nel 1997, di 2700 miliardi; co-sa significa questo? Significa che gli analisti economici
del mercato hanno valutato positivamente tutte le iniziative che la Ban-ca sta prendendo
per dare efficienza e produttività alla propria azienda. E' esattamente quello che
abbiamo fatto nel nostro Teatro, non andremo certo in Borsa, chia-ramente, però dobbiamo
dimostrare le stesse cose che tante aziende quotate in Borsa dimostrano ai suddetti
analisti di mercato".
Facciamo un po' di cifre?
"Bene, occupiamoci di quello che è sta-to il nostro
impegno. Intanto andiamo a valutare quelle che sono le cifre della mia gestione, che
riguardano un po' meno di tre anni. In sintesi, passando dal '94 al '95 abbiamo aumentato
gli spettatori del 6%, nell'anno successivo (951'96) l'aumento è del 12%, dal '96 al '97
siamo passati a più 22%; se facciamo il rapporto sul triennio in questione, dal 1994 al
'97 abbiamo incrementato il numero di spettatori del 45%. E' un ottimo risultato; per
quanto riguarda il numero di rappresentazioni dalla diminuzione del 6% (199411995), invece
siamo passati all'aumento dell'8% nel 1996; nel 1997 rispetto al '96 si è verificato un
aumento del 17%; pertanto nel triennio abbiamo totalizzato un 19% in più. Siamo passati
da circa 1001120 rappresentazioni a circa 150 serate per stagione".
Il grafico degli incassi, pertanto, come si presenta?
"Devo dire che non sono una voce rilevante del bilancio,
tuttavia bisogna fare anche qui una valutazione che tenga conto della situazione locale e
del tessuto sociale palermitano; però dobbiamo pur sempre pensare che non può essere la
finanza pubblica che foraggia all'infinito questa attività. Anche qui abbiamo attuato una
politica che sempre nella gestione '94/'95 ha portato un incremento del 9%, nel '96 un
ulteriore 7%, nel '97 un 24% per un totale nel triennio del 45%. Vorrei anche porre alla
sua attenzione i dati delle scritture artistiche, aumentate in generale del 10% e che per
il primo anno, attraverso una efficace esamina dei contratti, registra una diminuzione dei
costi del 9% per arrivare ad un totale del 12% durante il triennio di gestione. Senza
dimenticare i miglioramenti dei servizi interni, forti di una cultura d'impresa
nell'acquisto dei beni di servizio, questo ci ha permesso, complessivamente, di diminuire
i costi di circa il 4%, nonostante gli incrementi di recite e di artisti impiegati".
Quindi, cifre positive su tutti i fronti...
"Certo, abbiamo aumentato il pubblico, le
rappresentazioni e di conseguenza gli incassi. Questi dati evidenziano, comunque, che il
nostro lavoro prosegue nella giusta direzione. Il bilancio del 1997 si stabilirà in
pareggio, malgrado tutti gli imprevisti a cui abbiamo dovuto far fronte, incluso quello
degli interessi passivi, per me il più grave. Questi ultimi sono dovuti al finanziamento
statale che è stato rateizzato in rate posticipate trimestrali, mentre il contributo
della Regione è arrivato soltanto a fine anno; quindi ci siamo trovati in una situazione
finanziaria scoperta e pesantissima che ha un costo, da me dichiarato pubblicamente, e che
si aggira sul miliardo e mezzo di interessi passivi dovuto anche ad un accordo
pluriennale, a mio parere non a noi favorevole, con la nostra Banca locale. Quando mi sono
reso conto della situazione, mi sono dato da fare per la riduzione di questi tassi di
interesse e, come succede, appunto per ogni azienda sul mercato, abbiamo indetto una gara
tra le dodici Banche sulla piazza siciliana e a cui hanno partecipato soltanto sei
Istituti, ed abbiamo iniziato un nuovo rapporto con una primaria Banca nazionale
improntato sul massimo contenimento dei costi degli interessi. Nonostante il prossimo
bilancio 1998, per tutta una serie di circostanze, rispecchi quello del '97, ho parecchi
elementi per affermare che alla fine andremo a dimezzare quel miliardo e mezzo di
interessi passivi".
Ad aggravare i costi del 1997, ci si è messa l'apertura del
Teatro Massimo con i suoi concerti programmati sino alla fine dell'anno scorso.
"Esatto, accanto alla normale stagione al Teatro
Politeama, abbiamo programmato concerti eccezionali con grandi nomi, tra i quali quello di
Abbado, che in qualche maniera hanno fatto lievitare i costi della normale gestione;
nonostante ciò il nostro bilancio si presenta in pareggio. Mi permetta di ritenermi
abbastanza soddisfatto. Sotto quest'ottica, la Fondazione o quanto meno i fondatori sia
pubblici che privati si troveranno di fronte ad una azienda che sa far quadrare i conti,
in sostanza anche in condizioni di instabilità finanziaria, come sono state quelle del
1997 e come si appalesano anche quelle del 1998".
E' ricorrente il timore che il privato sia più incoraggiato
ad investire in quel teatro che rappresenta un marchio, un mito, come quello del Teatro
alla Scala. Da più parte si è affermato che la Fondazione Scala è stata facile per
quello che rappresenta il Teatro nel mondo. Secondo lei, il privato può essere invogliato
ad investire nel Teatro Massimo di Palermo?
"Io penso, conoscendo la realtà siciliana, che il
privato sia interessato ad investire sul Teatro Massimo, anche perché noi ci posizioniamo
in un certo senso come Teatro del Mediterraneo; vale a dire, non guardiamo soltanto al
nostro ambito locale o territoriale, in quanto il Massimo è il teatro della Sicilia
occidentale; questo lo vedo attraverso il nostro pubblico che proviene non soltanto da
Palermo ma anche da Caltanissetta, Trapani, Enna, Agrigento e perfino da Catania e
Siracusa; vorremmo porci non soltanto come Teatro del territorio occidentale ma guardiamo
anche oltre a tutto il bacino mediterraneo. E questo il motivo della realizzazione di un
nostro giornale interno, redatto oltre che in italiano e inglese, anche in lingua araba
come apertura al mondo orientale. Nel bacino di utenza che abbiamo immaginato, dovremmo
trovare un interesse da parte di privati ad entrare nella Fondazione. Riconosco che non
abbiamo la potenziale ricchezza economica della Germania o della Lombardia, tuttavia,
penso, che il nostro bacino, seppur con molti problemi, possa dare i suoi frutti".
Vorrei, se mi permette, tornare un attimo sulle cifre. Vedo
dalla relazione che gentilmente mi fornisce che esiste la voce "investimenti", a
cosa si riferisce?
"Ecco vede, lei mi dirà: avete risparmiato sui costi,
sugli interessi, avete incrementato gli incassi, dove sono finiti questi soldi? Sono stati
investiti. Per investimenti intendo, per esempio, il rinnovo delle macchine utensili del
nostro laboratorio di Brancaccio, in quanto tutte le macchine, oltre ad essere obsolete,
erano fuori legge, abbiamo investito nella rilevazione automatica delle presenze del
nostro personale, stiamo investendo in una rete locale informativa, dove potranno avere
accesso tutte le persone addette per rilevare le informazioni sull'attività del Teatro;
abbiamo investito anche in attrezzature del Teatro stesso, come la Conchiglia acustica per
i concerti, anche se il Massimo dispone di una acustica perfetta, riconosciuta da tutti,
Abbado in primis. Tutta una serie di investimenti necessari all'importanza del nostro
teatro".
Mi scusi, sovrintendente, ma come mai questa, diciamolo con
serenità, giusta politica di gestione porta ad avere agitazioni sindacali da parte delle
maestranze del Teatro che in alcuni casi hanno, addirittura, boicottato l'inaugurazione di
stagione (1996 -La gazza ladra - n.d.r.)?
"Ogni ristrutturazione o cambiamento radicale di politica
gestionale porta ad una serie di scontenti; secondo me il Sindacato, nelle passate
gestioni, era pesantemente coinvolto nella gestione del Teatro; intanto esso era presente
nel Consiglio d'Amministrazione con membri, me lo consenta, abbastanza inesperti nella
conduzione di un teatro. Dal mio avvento il Consiglio d'Amministrazione è un vero
consiglio d'amministrazione, con l'esclusione dei Sindacati, in quanto le nostre riunioni
non sono più sedute fiume, il più delle volte inconcludenti, ma ora tutto avviene con lo
snellimento delle decisioni e con la durata circa di un paio d'ore, proprio come avviene
in una azienda che si rispetti. Il rapporto con i Sindacati che ho instaurato è sulla
reciprocità di serietà di collaborazione, non senza episodi di resistenza, come quello
da lei citato; sono comunque nel pieno rispetto del lavoratore che ha avuto modo di
verificare che il nostro attuale sistema aziendale è un sistema trasparente, che non
indulge a nessun privilegio legato a correnti sindacali, ma che guarda il Sindacato, nel
suo complesso, come rappresentante dei lavoratori nell'interesse dell'azienda stessa.
Senza farmi grandi illusioni, ho la sensazione che nella base dei lavoratori ci sia
sostanzialmente questo riconoscimento; non abbiamo creato nessuna posizione sindacale
egemone, non c'è nessun rapporto privilegiato, ma serio come dev'essere".
Veniamo ora all'apertura del Teatro Massimo all'opera. Non
sono mancate,
anche stavolta, polemiche e contestazioni, soprattutto da parte della stampa locale
sull'effettiva ultimazione dei lavori....
"I motivi per cui è stato chiuso il Teatro Massimo sono
motivi che con la stessa lo-gica potrebbero portare alla chiusura della Fiat o
dell'Italtel; mi spiego meglio: vuole che in tutte queste megastrutture non ci sia un
tetto da cui piove, un impianto luci inadeguato, norme di sicurezza inadegua-te?
L'incompetenza ha portato a guardare al Teatro Massimo come ad un monumento e non come ad
una struttura produttiva; fatto sta che non si chiude la produzione perché c'è qualcosa
da fare, poco o tanto che sia, ma si continua a lavorare, in con-dizioni di disagio, e si
fanno le ristruttura-zioni necessarie. Da queste brevi conside-razioni, esposte al Sindaco
Orlando, nacque un disegno strategico di fare tutto lo stretto necessario e indispensabile
per riaprire alla produttività la struttura sia pure limitata, ed è stato quello che è
avvenuto l'anno scorso, e a teatro aperto continuare a fare tutte le attività per
recuperare la capacità produttiva del teatro. Pertanto si è rinunciato al progetto di
aspettare che il teatro fosse pronto al 100% per riaprirlo, altrimenti avremmo, forse,
aspettato molto tempo ancora prima di vedere il Massimo in attività. Pensi, il teatro è
stato chiuso per 24 anni, la normativa su le reti elettri- che in questi 24 anni è
cambiata quattro volte; dico questo per farle capire quanto sia fallace il discorso di
chiudere per fare e riaprire solo a lavoro ultimato; è un circolo vizioso nel quale cade
ingenuamente l'in-competente. Se chiudi non riaprirai mai più.
Invece, avendo sposato la strategia che le accennavo prima, il
progetto era stato pianificato in tre fasi: la prima si è conclusa il 12 maggio 1997, la
seconda è quella del 22 aprile e che non è ancora ul-timata; ci sarà poi la terza fase
che è quella dei recuperi dei restauri artistici, pittorici e in taluni punti anche
architettonici di cui il teatro ha bisogno, ma questo avverrà a teatro aperto e
funzionante, perché per realizzare la terza fase ci vorranno molto tempo, soldi e
competenza. Però, come si fa in tutti i teatri del mondo, il teatro fun-zionerà e
all'occasione si compiranno i la-vori necessari".
Il Teatro Massimo torna a vivere, quindi. La sua operatività,
la sua musica, il peso culturale sulla sua città daranno più forza e buona volontà a
tutti coloro che saranno impegnati nella sua gestione e ristrutturazione, affinché la sua
stella brilli oltre il Mediterraneo...
Sabino Lenoci